E se il venditore o l'acquirente si ritira dal compromesso sottoscritto?
Nel contesto delle compravendite immobiliari, uno dei momenti più
delicati e giuridicamente rilevanti è la stipula del compromesso,
tecnicamente definito contratto preliminare di compravendita. Questo
passaggio, che precede il rogito notarile, rappresenta molto più di una
semplice intenzione di vendere o acquistare un immobile: si tratta di un impegno
giuridico vincolante, che obbliga le parti a concludere il contratto
definitivo alle condizioni pattuite.
Ma cosa succede se, dopo aver firmato questo accordo, una delle due
parti si tira indietro? È davvero possibile farlo? Quali sono le
conseguenze legali, economiche e pratiche? In questo articolo analizziamo nel
dettaglio il quadro normativo e giurisprudenziale per capire cosa prevede la
legge italiana in caso di recesso o inadempimento da parte del venditore
o dell’acquirente.
Che cos’è il compromesso: un vincolo giuridico
Il compromesso (o contratto preliminare) è un contratto
attraverso cui le parti si impegnano reciprocamente a concludere in futuro
un contratto definitivo, ovvero il rogito notarile. Ai sensi dell’art.
1351 del Codice Civile, per avere validità, deve essere redatto nella stessa
forma prevista per il contratto definitivo (quindi in forma scritta,
anche se non necessariamente da un notaio).
Il compromesso contiene le informazioni principali della
compravendita:
- Identità
delle parti;
- Descrizione
dell’immobile;
- Prezzo
pattuito;
- Termine
entro cui si dovrà stipulare il rogito;
- Eventuali
condizioni sospensive (es. concessione del mutuo);
- Somme
versate a titolo di caparra confirmatoria o penitenziale.
Ritirarsi dal compromesso: è possibile?
Sì, ma con conseguenze
Una volta sottoscritto, ritirarsi dal compromesso non è un diritto
illimitato. Il recesso può avvenire solo:
- Per
giusta causa, ad
esempio nel caso in cui la controparte violi obblighi essenziali;
- In
base a una clausola di recesso prevista nel contratto stesso (di solito associata alla caparra
penitenziale);
- In
presenza di una condizione sospensiva non verificata (es. il mutuo non viene concesso
entro il termine previsto).
Negli altri casi, il recesso unilaterale è considerato
inadempimento contrattuale, con conseguente responsabilità civile.
Le conseguenze per chi si ritira
Vediamo ora, in dettaglio, cosa può accadere nel caso in cui sia il
venditore o l’acquirente a non voler più onorare gli impegni presi nel
compromesso.
1. Se l'acquirente si ritira
L’acquirente che decide di non procedere alla firma del rogito
senza un motivo valido si espone a diverse conseguenze, tra cui:
- Perdita
della caparra confirmatoria versata al venditore (art. 1385 c.c.);
- Possibilità
per il venditore di agire in giudizio per l’esecuzione forzata del
contratto, ossia ottenere una sentenza che obblighi l'acquirente a
concludere l’acquisto;
- Richiesta
di risarcimento del danno ulteriore, qualora il venditore dimostri di aver subito un
pregiudizio economico (es. perdita di altre occasioni di vendita,
svalutazione del mercato, spese legali, costi per un eventuale secondo
compromesso).
E se non è stata versata caparra?
Anche in questo caso, il venditore potrà agire in sede civile per ottenere
il risarcimento dei danni e l’adempimento forzato, dimostrando che
l’inadempimento ha causato un pregiudizio concreto.
2. Se il venditore si ritira
Il venditore che, dopo aver firmato il compromesso, rifiuta di
procedere alla vendita commette a sua volta un inadempimento contrattuale.
L’acquirente potrà:
- Chiedere
il doppio della caparra
confirmatoria versata, come previsto dall’art. 1385, comma 2 del Codice
Civile;
- Chiedere
in tribunale l’esecuzione forzata della vendita, se l'immobile è libero da vincoli (diritti reali,
ipoteche, contenziosi);
- Domandare
un risarcimento per i danni subiti, comprese spese notarili sostenute, consulenze tecniche,
costi per l'ottenimento del mutuo, perdita di tempo, e talvolta anche
danni morali se provati.
In entrambi i casi, l’intervento di un legale esperto è
altamente consigliato per tutelare i propri diritti.
Caparra confirmatoria vs. caparra penitenziale
Uno degli strumenti più comuni inseriti nel compromesso è la caparra,
somma versata dall’acquirente (di solito il 10-15% del prezzo) come garanzia
dell’impegno assunto.
Ma non tutte le caparre sono uguali. Le due tipologie principali sono:
➤ Caparra confirmatoria
È la forma più utilizzata. In caso di inadempimento:
- Se
inadempiente è l’acquirente → perde la caparra;
- Se
inadempiente è il venditore → deve restituire il doppio della caparra;
- La parte
non inadempiente può anche rinunciare alla caparra e chiedere il risarcimento
del danno completo.
➤ Caparra penitenziale
È meno frequente. Ha una funzione diversa: consente il recesso,
ma la parte che si ritira perde la caparra o deve restituire il doppio, senza
ulteriori obblighi risarcitori. È quindi una forma di “recesso pattuito”
tra le parti.
👉 È fondamentale specificare chiaramente nel compromesso di
che tipo di caparra si tratta, per evitare malintesi o contenziosi.
Quando è possibile il recesso senza penali?
Il recesso non ha conseguenze negative solo in alcune
circostanze particolari:
- Condizione
sospensiva non verificata: ad esempio, l’acquirente ha fatto il compromesso “salvo
ottenimento del mutuo” e la banca nega il finanziamento;
- Inadempimento
grave della controparte:
se il venditore non può garantire il rilascio dell'immobile libero da
ipoteche o abusi edilizi gravi;
- Mancata
autorizzazione condominiale per modifiche essenziali, ove prevista come condizione.
In tutti questi casi, non si configura una responsabilità
contrattuale, ma piuttosto un mancato avverarsi delle condizioni
dell’accordo.
Cosa può fare il giudice?
Nel caso in cui la controversia finisca in tribunale, il giudice può:
- Condannare
la parte inadempiente
al risarcimento del danno;
- Ordinare
l’esecuzione forzata
del contratto (art. 2932 c.c.) se sussistono i presupposti;
- Stabilire
il rimborso delle spese legali e tecniche sostenute dalla parte
lesa.
I tempi della giustizia civile sono però lunghi (anche 2-5
anni), e spesso le parti preferiscono concordare una risoluzione
stragiudiziale, magari con la mediazione di avvocati o notai.
Conclusioni
Il compromesso è molto più di una formalità: è un contratto
a tutti gli effetti, con obblighi precisi e conseguenze in caso di
inadempimento. Ritirarsi senza una giustificazione valida comporta sanzioni
economiche, azioni legali e spesso anche lunghi contenziosi.
Ecco i consigli fondamentali:
- Affidarsi
sempre a un notaio o avvocato esperto in materia immobiliare;
- Inserire
clausole chiare, specialmente in riferimento alla caparra e alle
condizioni sospensive;
- Verificare
che l’immobile sia libero da vizi e irregolarità prima di firmare;
- In caso
di difficoltà, valutare soluzioni negoziali prima di andare in giudizio.
Hai domande o vuoi condividere la tua esperienza su questo tema?
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