Non sempre le spese sostenute per ristrutturare una casa vengono recuperate nella vendita
Quando si affronta una ristrutturazione immobiliare, specialmente con
l’intento di vendere l’immobile in un secondo momento, è fondamentale avere ben
chiaro che non tutte le spese effettuate verranno necessariamente recuperate
nel prezzo di vendita finale. Sebbene migliorare le condizioni strutturali
ed estetiche di un’abitazione possa aumentare l’interesse e il valore percepito
da potenziali acquirenti, esiste un limite oltre il quale l’investimento
rischia di non essere redditizio.
Il concetto di "overcapitalization"
Nel settore immobiliare si parla di overcapitalization quando
il costo degli interventi di ristrutturazione supera l’effettivo incremento di
valore dell’immobile. Questo accade frequentemente quando si investe in lavori
troppo costosi per il contesto del mercato locale o per la tipologia
dell’immobile.
Esempio pratico:
Immaginiamo un appartamento situato in una zona semi-periferica di una
città di medie dimensioni. Il prezzo medio al metro quadro nella zona è di
1.800 €/mq. Il proprietario acquista l’immobile a 120.000 €, e decide di
effettuare una ristrutturazione completa del valore di 80.000 €: nuovi
impianti, pavimenti di pregio, infissi in legno massello, domotica, rifacimento
completo di bagni e cucina con materiali di lusso.
Valore finale dell’immobile atteso dal proprietario: 200.000 €
(120.000 + 80.000).
Valore reale di
mercato post-ristrutturazione: 160.000–170.000 €
(motivo: nella zona nessun acquirente è disposto a spendere oltre
1.900–2.000 €/mq, a prescindere dalla qualità dell'immobile).
Differenza potenzialmente persa: 10.000–20.000 €
Interventi che possono aumentare il valore dell’immobile
Alcune tipologie di lavori hanno storicamente un impatto positivo sul
valore di mercato, anche se raramente restituiscono il 100% dell’investimento:
- Rifacimento
del bagno: il
ritorno medio si aggira attorno al 60–70% dell’investimento.
- Rinnovamento
della cucina:
ritorno stimato del 70–80%, se fatto con materiali di fascia media. Cucine
troppo personalizzate o costose hanno un ritorno minore.
- Efficientamento
energetico (infissi,
isolamento, caldaia): può avere un impatto positivo anche grazie agli
incentivi statali, ma il ritorno dipende fortemente dal tipo di acquirente
(es. sensibile alla classe energetica).
Un altro esempio:
Un trilocale anni
'70, vendibile in stato originale a 150.000 €, subisce un intervento da 30.000
€: rifacimento bagno, posa nuovo pavimento in gres, sostituzione infissi,
tinteggiatura.
Costo totale: 180.000 €
Valore post-ristrutturazione: 190.000–195.000 €
In questo caso il proprietario ha migliorato notevolmente l’appeal
dell’immobile, contenendo la spesa e ottenendo un ritorno parziale, ma
positivo.
Ristrutturazioni troppo personali: un limite al valore aggiunto
Un errore comune è quello di ristrutturare secondo i propri gusti
personali, investendo in finiture di lusso, colori particolari, tecnologie
all'avanguardia (sistemi audio integrati, illuminazione controllata da app,
rivestimenti in pietra naturale, ecc.), senza considerare che non tutti gli
acquirenti percepiscono questi elementi come un valore aggiunto. Anzi,
possono vederli come un limite, o addirittura un costo da sostenere per
modificarli.
Caso reale:
Un attico di 90 mq con terrazzo è stato ristrutturato con parquet in
teak, bagno con marmo importato, rubinetteria di design, e cucina su misura da
40.000 €. Il proprietario sperava di venderlo a 350.000 €. Il mercato locale,
però, valutava immobili simili – anche se non rifiniti con materiali così
costosi – tra i 270.000 e i 300.000 €. Risultato: l’immobile è rimasto
invenduto per mesi, fino a una riduzione drastica del prezzo.
L'importanza del contesto immobiliare
Ogni ristrutturazione andrebbe pianificata con una valutazione del
contesto:
- Zona
geografica: una
ristrutturazione in una città in crescita può avere più ritorno rispetto a
una zona con mercato stagnante.
- Tipologia
immobiliare: una
villetta indipendente in campagna ha criteri di valutazione diversi
rispetto a un bilocale in un centro urbano.
- Target
di acquirenti:
giovani coppie, famiglie, investitori, ciascuno ha esigenze e priorità
diverse (es. la domotica può attrarre i primi, ma essere irrilevante per
gli altri).
Le detrazioni fiscali non sempre colmano la differenza
In Italia, grazie a strumenti come il Bonus Ristrutturazione,
il Superbonus o l’Ecobonus, molte spese possono essere recuperate
sotto forma di detrazioni fiscali. Tuttavia, è importante distinguere:
- Il
recupero fiscale è personale: spetta al contribuente, ma non
aumenta direttamente il valore dell’immobile.
- Se si
vende l’immobile prima della fine del periodo di detrazione (ad esempio 10
anni), si rischia di perdere parte del beneficio.
Conclusione
La ristrutturazione di un immobile può essere un'operazione utile e in
certi casi necessaria, ma va affrontata con strategia e realismo economico.
Ristrutturare per vendere richiede una visione lucida del mercato locale, una
stima accurata dei costi, e un’attenzione particolare a ciò che realmente è
percepito come valore dagli acquirenti.
In sintesi:
- Non
tutto ciò che si spende si recupera.
- Alcuni
interventi danno ritorni parziali, altri quasi nulli.
- Il gusto
personale non sempre coincide con quello del mercato.
- È
essenziale farsi affiancare da professionisti (agenti, architetti, periti)
per evitare investimenti sbagliati.
A volte, una ristrutturazione "intelligente", mirata e
contenuta, può portare più risultati di una trasformazione completa e costosa.
Hai domande o vuoi condividere la tua esperienza su questo tema?
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